La pandemia è un evento catastrofico "naturale", un gigantesco, prolungato terremoto: imprevedibile, con la certezza che prima o poi avverrà, e devastante nei suoi effetti sanitari e socio-economici. Le misure di contrasto sono cruciali, per limitare l'ulteriore diffusione e limitare l'azione dell'agente patogeno.
Covid-19 non consente ancora di prevedere quale possa essere l'impatto aggiuntivo della continua diffusione del virus SARS-CoV-2 in termini fisiopatologici, epidemiologici e socio-economici. Molti interrogativi rimangono ancora aperti sul futuro prossimo, ma la ricerca scientifica è in prima linea per produrre risposte tutt’altro che facili per una terapia e una prevenzione specifiche.
Peraltro, per affrontare per tempo e con raziocinio, un prossimo, ineluttabile, pericolo pandemico, la ricerca scientifica multidisciplinare, biomedica ed epidemiologica in particolare, deve subito pensare ad una “(infra)struttura antipandemica”, con la quale, con l'esperienza del passato e attuale, poter “costruire”, in una visione integrata ed unitaria, efficaci strategie di prevenzione e di mitigazione degli effetti.
Quella causata dal nuovo coronavirus SARS-CoV-2 può essere considerata la prima pandemia dell’era globale, sia dal punto di vista dell’impatto sanitario che socio-economico. La domanda fondamentale che ci si pone è se tutto questo fosse prevedibile. Ma da questo quesito, come in un gioco di Matrioske, ne derivano altri.
La nostra capacità di trovare le giuste risposte a questi quesiti ha un’importanza che va al di là della lotta alla malattia Covid-19. Da essa, infatti, dipenderanno le strategie di contrasto ad altre pandemie con cui inevitabilmente ci dovremo confrontare in futuro.
Notizie della comparsa di nuovi virus capaci di infettare l'uomo in remote regioni del globo e dai nomi esotici come Nipah, Chikungunya, Zika, Ebola, vengono riprese subito dalla stampa mondiale. Questo perché ogni nuovo virus può potenzialmente diventare una minaccia globale. Fortunatamente, la maggiore parte delle volte i virus che emergono dalle giungle tropicali o dai mercati sovraffollati delle metropoli asiatiche non vanno oltre i confini delle regioni d'origine. Ma si tratta di semplice fortuna. Pensare che le epidemie da patogeni emergenti non si verificheranno o che saranno sempre e solo un problema di alcuni (spesso delle zone più povere e meno sviluppate del mondo) è non solo sbagliato, ma irresponsabile, se non presuntuoso, e soprattutto molto pericoloso. La pandemia di SARS-CoV-2 è un esempio lampante degli effetti devastanti della comparsa di un nuovo agente infettivo nella società globalizzata.
Ogni anno miliardi di persone e di merci si spostano in aereo o in nave da un continente all'altro. Una rete virtuale a cui si può accedere con un semplice smartphone o un tablet, collega l'intero pianeta consentendo di seguire in tempo reale avvenimenti anche molto lontani. La globalizzazione, però, ha anche importanti conseguenze in campo sanitario. AIDS, SARS, influenza aviaria e ora SARS-CoV-2 sono esempi di infezioni virali che, a partire da piccoli focolai in regioni circoscritte, hanno fatto il giro del mondo. Senza dimenticare il problema della diffusione sempre maggiore di nuovi batteri patogeni resistenti agli antibiotici. La rapidità e frequenza dei contatti gioca quindi un duplice ruolo: da un lato consente di mettere in atto risposte coordinate a livello globale, dall’altro costituisce il motore stesso della diffusione delle epidemie. Essere pronti a nuovi eventi epidemici richiede strategie che riescano a controbilanciare questi due effetti opposti.
Come ricorda l'Organizzazione Mondiale della Sanità: "Un'epidemia in qualunque parte della Terra è a poche ore di distanza dal diventare una minaccia ovunque". Affrontare queste situazioni richiede capacità di previsione, per realizzare proiezioni attendibili di scenari possibili. Fondamentale per questa capacità è la conoscenza della biologia dei patogeni, delle loro dinamiche evolutive, del ciclo vitale, delle vie di trasmissione, del rapporto tra modificazione dell’ambiente da parte dell’uomo e comparsa di nuovi agenti infettivi. Sulla base di queste conoscenze è possibile impostare strategie di prevenzione e di contrasto: dalle misure di contenimento epidemiologico, alle tecniche diagnostiche, ai farmaci, ai vaccini. La rapidità di comunicazione e di spostamento, unita alla possibilità di interfacciarsi in maniera quasi istantanea indipendentemente dalla distanza, offre la possibilità di creare reti di sorveglianza epidemiologica mondiali, ma anche grandi network coordinati di ricercatori, accelerando così il processo di condivisione di idee, conoscenze e risorse. Saper sfruttare in pieno queste opportunità rappresenta la chiave per la nostra capacità di risposta alle prossime pandemie.
Notizie della comparsa di nuovi virus capaci di infettare l'uomo in remote regioni del globo e dai nomi esotici come Nipah, Chikungunya, Zika, Ebola, vengono riprese subito dalla stampa mondiale. Questo perché ogni nuovo virus può potenzialmente diventare una minaccia globale. Fortunatamente, la maggiore parte delle volte i virus che emergono dalle giungle tropicali o dai mercati sovraffollati delle metropoli asiatiche non vanno oltre i confini delle regioni d'origine. Ma si tratta di semplice fortuna. Pensare che le epidemie da patogeni emergenti non si verificheranno o che saranno sempre e solo un problema di alcuni (spesso delle zone più povere e meno sviluppate del mondo) è non solo sbagliato, ma irresponsabile, se non presuntuoso, e soprattutto molto pericoloso. La pandemia di SARS-CoV-2 è un esempio lampante degli effetti devastanti della comparsa di un nuovo agente infettivo nella società globalizzata.
Ogni anno miliardi di persone e di merci si spostano in aereo o in nave da un continente all'altro. Una rete virtuale a cui si può accedere con un semplice smartphone o un tablet, collega l'intero pianeta consentendo di seguire in tempo reale avvenimenti anche molto lontani. La globalizzazione, però, ha anche importanti conseguenze in campo sanitario. AIDS, SARS, influenza aviaria e ora SARS-CoV-2 sono esempi di infezioni virali che, a partire da piccoli focolai in regioni circoscritte, hanno fatto il giro del mondo. Senza dimenticare il problema della diffusione sempre maggiore di nuovi batteri patogeni resistenti agli antibiotici. La rapidità e frequenza dei contatti gioca quindi un duplice ruolo: da un lato consente di mettere in atto risposte coordinate a livello globale, dall’altro costituisce il motore stesso della diffusione delle epidemie. Essere pronti a nuovi eventi epidemici richiede strategie che riescano a controbilanciare questi due effetti opposti.
Come ricorda l'Organizzazione Mondiale della Sanità: "Un'epidemia in qualunque parte della Terra è a poche ore di distanza dal diventare una minaccia ovunque". Affrontare queste situazioni richiede capacità di previsione, per realizzare proiezioni attendibili di scenari possibili. Fondamentale per questa capacità è la conoscenza della biologia dei patogeni, delle loro dinamiche evolutive, del ciclo vitale, delle vie di trasmissione, del rapporto tra modificazione dell’ambiente da parte dell’uomo e comparsa di nuovi agenti infettivi. Sulla base di queste conoscenze è possibile impostare strategie di prevenzione e di contrasto: dalle misure di contenimento epidemiologico, alle tecniche diagnostiche, ai farmaci, ai vaccini. La rapidità di comunicazione e di spostamento, unita alla possibilità di interfacciarsi in maniera quasi istantanea indipendentemente dalla distanza, offre la possibilità di creare reti di sorveglianza epidemiologica mondiali, ma anche grandi network coordinati di ricercatori, accelerando così il processo di condivisione di idee, conoscenze e risorse. Saper sfruttare in pieno queste opportunità rappresenta la chiave per la nostra capacità di risposta alle prossime pandemie.
Nel 2018, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, aggiungeva alla lista dei patogeni emergenti più pericolosi per l’umanità il cosiddetto “Morbo X” per indicare il rischio reale che un’epidemia su scala mondiale potesse essere scatenata da un patogeno al momento non noto per causare infezioni nell’uomo.
Oggi il “Morbo X” ha un nome: Covid-19, causato dal nuovo agente infettivo SARS-CoV-2, e queste sono le sfide che oggi dobbiamo affrontare, ma che saranno le stesse che ci troveremo davanti anche per le prossime epidemie:
Colmare rapidamente le lacune di conoscenza delle caratteristiche biologiche dell’agente infettivo con un approccio multidisciplinare
Definire protocolli condivisi per l'implementazione di misure di monitoraggio e contrasto attraverso l'applicazione di strumenti innovativi
Nuove soluzioni tecnologiche e protocolli per la sorveglianza epidemiologica e per superare i limiti delle procedure di sviluppo preclinico/clinico, produzione e distribuzione di nuovi farmaci e vaccini
La ricerca scientifica, dunque gioca un ruolo fondamentale nel formulare le strategie per contrastare non solo la pandemia presente, ma anche quelle future.
Il Dipartimento di Scienze Biomediche del CNR, per la natura stessa della sua missione, non può che essere in prima linea nel fornire alla società le risposte necessarie.
La strategia del DSB-CNR per fronteggiare la pandemia da Covid-19 e prepararsi a quelle future si articola su tre pilastri fondamentali, ulteriormente declinati in specifiche attività progettuali:
La malattia COVID-19 causata dal coronavirus SARS-CoV-2, provoca sintomi che vanno da quelli piu' lievi simil-influenzali, ad una grave polmonite interstiziale accompagnata a volte da una incontrollata risposta infiammatoria o “tempesta citochinica”, che causa gravi danni all’organismo. E' cruciale comprendere sia i meccanismi patogenetici del virus che i determinanti genetici che modulano la risposta all'infezione. Diversi progetti in corso presso il Dipartimento di Scienze Biomediche del CNR studiano la modulazione della risposta immunitaria e infiammatoria da parte di SARS-CoV-2 e i determinanti genetici che possono influenzare la suscettibilità individuale. Altri gruppi stanno studiando gli effetti neurologici dell’infezione e le sue possibili conseguenze sui bambini nati da madri con COVID-19.
Comprendere i meccanismi di patogenicità di SARS-CoV-2 e identificare possibili bersagli terapeutici richiede un’analisi approfondita del ciclo vitale del virus e delle sue interazioni molecolari con la cellula ospite. Ricercatori del Dipartimento, con competenze in biochimica e biologia cellulare, hanno in corso progetti per identificare e caratterizzare in diversi modelli cellulari e animali, la complessa rete di interazioni funzionali tra le proteine del virus e quelle della cellula (vedi a destra elenco progetti: Virologia e Risposta ospite).
In mancanza di farmaci efficaci e in attesa che la campagna vaccinale raggiunga un numero sufficiente di persone per innescare la "immunità di gregge", allo scopo di assicurare la salute della popolazione e allo stesso tempo evitare il crollo socioeconomico del Paese, sono necessarie strategie per la corretta gestione dell’epidemia, oltre che l’implementazione di sistemi di protezione innovativi e di test diagnostici sensibili, accurati, rapidi e di facile esecuzione. I ricercatori del Dipartimento di Scienze Biomediche sono attivamente impegnati sia nell’ottimizzazione dei test esistenti, che nello sviluppo di tecnologie diagnostiche innovative. Inoltre sono in corso progetti per lo sviluppo e la validazione di materiali con proprietà antivirali da incorporare in dispositivi di protezione personale.
L’epidemia da COVID-19 ha messo sotto pressione il sistema assistenziale sanitario nazionale, mettendone in evidenza alcune importanti fragilità. Aspetti prioritari sono: la possibilità di operare diagnosi precoci sul territorio, anche attraverso il monitoraggio a distanza dei pazienti così da non sovraccaricare le strutture ospedaliere; l’ottimizzazione dei percorsi di gestione dei pazienti, sulla base della gravità e dei conseguenti livelli richiesti di assistenza. Il Dipartimento di Scienze Biomediche, fedele alla sua vocazione di coniugare ricerca di base con aspetti applicativi, ha in corso numerosi progetti per lo sviluppo di soluzioni innovative nel campo della telemedicina e del monitoraggio clinico e ambientale (vedi a destra elenco progetti: Diagnostica e Dispositivi).
Qualsiasi strategia di prevenzione e contrasto efficace di una malattia infettiva non può prescindere da complessi studi epidemiologici. In questo campo Istituti del DSB sono molto attivi, sia nel partecipare a studi epidemiologici che nel fornire piattaforme ad elevata prestazione e software per l’analisi dei dati (vedi a destra elenco progetti: Epidemiologia).
La pandemia da SARS-CoV-2 ha richiesto un impegno massivo globale allo scopo di contrastare il diffondersi dell'infezione, e lo sviluppo di vaccini è avvenuta in tempi record. Tuttavia, prima che la vaccinazione di massa possa portare alla significativa riduzione, se non alla completa soppressione, della circolazione virale, saranno necessari molti mesi durante i quali molte persone purtroppo continueranno a contrarre l’infezione. Inoltre, la vaccinazione proteggerà le persone sane, ma per garantire la tutela della salute alle centinaia di migliaia di individui che hanno già contratto il virus nel nostro paese, servono terapie efficaci e quanto più possibile mirate e personalizzate. Il Dipartimento di Scienze Biomediche, grazie alla multidisciplinarietà che ne caratterizza da sempre l’attività di ricerca, ha in corso un ampio ventaglio di progetti volti a identificare nuovi bersagli molecolari e nuove molecole in grado di bloccare il virus. Inoltre, coniugando analisi in silico e approcci sperimentali in vitro e in cellula, i ricercatori del Dipartimento di Scienze Biomediche sono attivamente impegnati in studi di riposizionamento di farmaci noti, al fine di accelerare lo sviluppo di terapie efficaci (vedi a destra elenco progetti: Terapia).
In un’ottica di medicina 4P (personalizzata, predittiva, preventiva e partecipata) uno dei pilastri della prevenzione in tempo di epidemia è il coinvolgimento attivo della comunità nelle pratiche di contenimento del contagio. Al fine di promuovere il “community engagement”, il Dipartimento di Scienze Biomediche promuove iniziative di formazione ed educazione sia per personale sanitario che per il pubblico generale (vedi a destra elenco progetti: Terza Missione).
Una delle prime catastrofi pandemiche di cui abbiamo notizia risale al 541 D.C. Fu una vera strage, poiché non vi erano conoscenza e strumenti per difendersi. Nei secoli si adottarono sempre nuove misure di prevenzione e cura dei soggetti colpiti, che oggi ci consentono di affrontare con maggiore perizia le nuove pandemie.
Vediamo cosa abbiamo imparato dal passato ...